ANNO 1986
Ippopotami (1986) è il 16° album di Roberto Vecchioni. L’idea della traccia che dà il nome all’album è quella di polemizzare contro gli “ippopotami”, ovvero i trasformisti, gli yuppy, gli uomini in carriera. Le tre sottotracce facenti parte della traccia Nel regno di Napoli riguardano il modo diverso di concepire la vita e di esprimersi dei nobili rispetto al popolo. La lingua francese e il dialetto napoletano si mescolano innovativamente rappresentando rispettivamente la nobiltà e la miseria. Può essere considerato come un “disco di movimento”; si configura infatti come un disco di passaggio in vista del prossimo “Milady”.
Una delle caratteristiche principali di Vecchioni è che quando teorizza argomenti alti, politici, esistenziali, non li prende mai di petto, non li oggettivizza, rincara verso per verso gli indizi in una specie di gioco fatto di cerchi che si stringono lentamente sempre di più fino a diventare un punto. Chi lo segue prova di volta in volta stupore, inappartenenza, incertezza, e la sensazione di essere lì lì per cogliere senza cogliere mai veramente.
“Ippopotami” è un disco unico in tutta la sua produzione, volutamente anticommerciale, criptico, perfino scazzato e un tantino presuntuoso , della serie insomma “Chi c’è c’è, chi non c’è non c’è”.
Chi sono questi ippopotami? Cosa rappresentano? A integrare quanto evidenziato sopra ,l’autore aveva certamente voglia di sbeffeggiare un’Italia (un mondo) anni ottanta in caduta verticale di valori dopo i meravigliosi e tremendi anni settanta, ma siccome non gli bastano mai le cose semplici, ecco che da uno spunto politico attuale allarga il gioco dei cerchi, li fa muovere ora verso l’esterno fino a cancellarli alla vista ; le vicende di un periodo ristretto altro non sono che condizione eterna dell’uomo, col destino si può solo ridere amaro. E per ribadire ecco che s’inventa la storia del Regno di Napoli come un lungo tete a tete fra miseria e nobiltà, altro scenario, stessa conclusione.